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08/09 2025
Salute

Attacchi di panico, come riconoscerli e quando rivolgersi allo specialista

— Valentina Meschia, con la consulenza scientifica didi Sara Pozzoli psichiatra

Si sente sempre più spesso parlare di attacchi di panico senza sapere bene cosa siano finché non capita di provarli. Una forte situazione di stress che genera ansia può trasformarsi in una reazione sproporzionata che paralizza chi ne viene colpito.

Per capire di cosa si tratta e quando questa condizione può essere considerata patologica influenzando negativamente la quotidianità, ne abbiamo parlato con Sara Pozzoli, psichiatra del Policlinico di Milano esperta in ansia e disturbi dell’umore.


Come si manifesta l’attacco di panico?

L’attacco di panico è un episodio di intensa paura o disagio che insorge in modo improvviso e raggiunge il picco in pochi minuti. Anche se la sua durata è limitata – in genere non supera i 10-15 minuti – l’esperienza soggettiva è estremamente angosciante. Chi lo vive ha spesso la sensazione di stare per morire, di perdere il controllo o di impazzire.

Dal punto di vista fisico, può essere accompagnato da sintomi come tachicardia, sudorazione eccessiva (soprattutto alle mani), tremori, bocca secca, difficoltà a respirare, senso di oppressione al petto, vertigini, nausea o una sensazione di distacco dalla realtà (derealizzazione) o da sé stessi (depersonalizzazione). Dal punto di vista emotivo, si sperimenta un’intensa agitazione e una difficoltà a spiegare a chi sta intorno cosa sta succedendo.

Di cosa si tratta?

L’attacco di panico è una manifestazione estrema di ansia acuta. Spesso il primo episodio si verifica in un contesto apparentemente neutro – come un viaggio in auto, una fila al supermercato o una riunione di lavoro – e il cervello, nel tentativo di proteggersi, comincia ad associare quell’attività al pericolo vissuto. È un meccanismo di condizionamento: se ho avuto un attacco di panico al supermercato, potrei iniziare a evitare quel luogo per paura che succeda di nuovo.

Questo evitamento, però, può estendersi ad altre situazioni simili, creando una “catena” di comportamenti evitanti che, nei casi più gravi, può portare a un progressivo ritiro dalla vita quotidiana fino a non voler più uscire di casa. Questo quadro prende il nome di agorafobia, che non è semplicemente la paura degli spazi aperti, ma piuttosto il timore di trovarsi in situazioni dalle quali sarebbe difficile fuggire o ricevere aiuto in caso di panico.

A cosa è dovuto?

Alla base c’è quello che viene chiamato ciclo dell’ansia. Dopo il primo attacco, si innesca un meccanismo per cui la persona inizia ad anticipare il panico, temendo che possa accadere di nuovo. Questo stato di costante allerta aumenta l’ansia, che a sua volta favorisce l’insorgere di nuovi attacchi. È una sorta di profezia che si autoavvera: "Se vado in quel posto, starò male", e nel momento in cui ci si va, si è già così in tensione che l’attacco si ripresenta, confermando erroneamente la propria paura.

Questa spirale può rendere sempre più difficile affrontare anche le situazioni quotidiane, ed è per questo che è importante intervenire presto, con strumenti adeguati.

Come superare queste situazioni?

La buona notizia è che dagli attacchi di panico si può guarire. Non si tratta di una condizione cronica o senza via d’uscita: con il giusto supporto, è possibile tornare a una vita piena e serena.

Il primo passo è affidarsi a professionisti esperti nel trattamento dei disturbi d’ansia, che possano costruire un percorso su misura. Esistono diversi approcci terapeutici efficaci:

Terapia farmacologica, indicata soprattutto nei casi più gravi o quando l’ansia è particolarmente invalidante. I farmaci (come gli SSRI) non "cancellano" il problema, ma aiutano a ridurre l’intensità dei sintomi, creando le condizioni per lavorare meglio anche in terapia psicologica.

Terapia cognitivo-comportamentale (CBT), considerata il trattamento d’elezione per gli attacchi di panico. Aiuta a riconoscere e modificare i pensieri catastrofici legati all’ansia e insegna tecniche di gestione come il rilassamento e la respirazione diaframmatica.

Terapia dell’esposizione, che consiste nell’affrontare gradualmente le situazioni evitate, in modo controllato, per “disinnescare” l’associazione tra determinati luoghi o contesti e la sensazione di pericolo.

Mindfulness e tecniche di regolazione emotiva, utili per sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio corpo, delle proprie emozioni e dei pensieri, imparando a osservarli senza giudicarli.

Infine, cosa fare se ci si riconosce in questa descrizione?

Il passo più importante è non affrontare tutto da soli. Rivolgersi a uno psichiatra specializzato in disturbi d’ansia è il primo passo per ricevere una valutazione completa della propria situazione.

Ad esempio, in Policlinico – dopo un primo colloquio di inquadramento – viene costruito un piano terapeutico personalizzato. Alcuni pazienti preferiscono un approccio farmacologico, altri si orientano verso la psicoterapia, altri ancora integrano la terapia con la pratica della mindfulness. In ogni caso, essere seguiti da un team multidisciplinare permette di affrontare il disturbo da diverse angolazioni e di aumentare l’efficacia del trattamento.

Ricorda: l’attacco di panico, per quanto spaventoso, non è pericoloso. È un allarme che si è attivato nel momento sbagliato, ma che può essere compreso, gestito e superato

 

Come accedere al percorso:

Parla con il medico di famiglia per valutare la possibilità di fare un colloquio con gli specialisti del Policlinico di Milano

Con impegnativa per “prima visita psichiatrica
chiama lo 02 5503.6565
Lun – Ven: 13.30 – 15.00

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