
Contenuti digitali di bassa qualità: in che modo impattano sulle nostre capacità cognitive?
— Rosy Matrangolo, con la consulenza scientifica di Andrea Arighi, neurologo
Brain rot è un concetto recentemente tornato alla ribalta, significa letteralmente “marciume cerebrale” e rappresenterebbe la condizione mentale di chi trascorre molte ore al giorno intento nello scrolling passivo di video e pagine web poco stimolanti.
Meme, notizie clickbait, balletti e musichette accattivanti di cui potevate fare tranquillamente a meno ma che, puntualmente, vi siete soffermati a guardare mentre scrollavate magari impigriti il vostro feed sui social. Quanto spesso vi capita? Sembra diventato sempre più difficile divincolarsi da quel meccanismo denominato come Brain Rot, una sorta di “deterioramento delle proprie abilità intellettive come conseguenza di una fruizione prolungata e passiva di contenuti digitali a bassa qualità”.
Attenzione, il neologismo divenuto celebre e “virale” (appunto) nel 2024 non è associabile a una vera patologia e non si tratta di una condizione riconosciuta dalla comunità scientifica: chi si occupa di malattie neurodegenerative e di studiare i comportamenti e le abitudini che favoriscono un declino cognitivo sa che l’era di internet ha dato un suo contribuito, tanto che fenomeni come l’Effetto Google oppure la “demenza digitale” sono oggetto di studi e pubblicazioni scientifiche.
Ma fenomeni digitali e linguistici a parte, cosa è bene sapere circa il consumo massivo di contenuti online per la propria salute? Ne abbiamo parlato con Andrea Arighi, direttore di Neurologia - Malattie Neurodegenerative del Policlinico di Milano.
Cosa significa Brain Rot?
Il termine Brain Rot è tratto dal linguaggio popolare e potremmo tradurlo letteralmente con 'marciume cerebrale'. Comprende una serie di comportamenti associabili a un’esposizione prolungata a contenuti poveri, che non richiedono particolare concentrazione, di breve durata e virali, quindi facilmente proposti e riproposti alla nostra attenzione. Un costante accesso a questi contenuti spesso sotto forma di brevi video produce una gratificazione immediata per quanto è altrettanto possibile che a questo effetto di stimolazione dopaminica si aggiungano stati di ansia, stress e depressione. Ancora, la fruizione massiccia di contenuti a bassa qualità incide sul sovraccarico cognitivo in cui ci si può sentire frastornati dalla elevata quantità di informazioni.
Tutto ciò che è digitale è, dunque, da evitare?
Certamente no, anzi. Le ricerche dimostrano come in tanti ambiti il ricorso a strumenti che si avvalgono del digitale abbiano effetti positivi: il virtuale, ad esempio, è utilizzato dagli specialisti nella riabilitazione cognitiva e in tanti contesti terapeutici si parla di gamification o di simulazione anche come tecniche di apprendimento.
Contenuti virali e leggeri proposti dal nostro smartphone? Come gestirli?
Premettiamo che non tutto ciò che è un contenuto digitale è necessariamente dannoso, è però vero che l’esposizione eccessiva e quotidiana a contenuti leggeri, ripetitivi e pensati per fornire una gratificazione immediata possa generare sensazioni di 'torpore mentale', dovuta a un sovraccarico cognitivo, difficoltà di concentrazione e apatia. Da qualche anno è stato introdotto il concetto di 'Digital Dementia' che descrive un deterioramento delle funzioni cognitive a partire dall’uso passivo dei dispositivi elettronici e a uno stile di vita sedentario fino a forma di dipendenza comportamentali.
Quali sono le funzioni cognitive coinvolte dal processo di “Digital Dementia”?
Le conseguenze cognitive spaziano e riguardano difficoltà di memoria (a breve e a lungo termine), deficit di attenzione (sostenuta e selettiva), deficit delle funzioni esecutive, deficit delle capacità di ragionamento. Il meccanismo alla base è una modulazione della plasticità neuronale ossia la capacità del cervello di creare nuove connessioni sinaptiche, fondamentali per l’apprendimento e l’adattamento.
Come difendersi?
Ci sono strategie comprovate dalla comunità degli esperti con rigore scientifico, per prevenire e contrastare gli effetti del Brain Rot o, appunto, della Digital Dementia. Si possono delineare in tre modalità:
- Stabilire l’organizzazione del proprio tempo su queste piattaforme: il cellulare è ad esempio in grado di dirci quante ore abbiamo trascorso sui social, conoscere questa informazione e impostare un tempo limite per l’accesso a queste piattaforme può essere di grande aiuto.
- Impegniamoci in attività non virtuali come fare sport, incontrare altre persone, cucinare, dedicarsi a un hobby: giocare a memory, risolvere un cruciverba sono abitudini da non abbandonare, ad esempio.
- Molto importante è cercare di aumentare la propria consapevolezza su questi temi, soprattutto se si ha a che fare con bambini e ragazzi. Il lavoro non è soltanto quello di ridurre il tempo di utilizzo di uno smartphone o un videogioco, ma di imparare a selezionare contenuti e attività edificanti, positive, profonde. Come anticipato, non tutto il digitale è nato per nuocere.
In presenza di alcuni dei sintomi sopra citati o per qualsiasi dubbio è sempre opportuno rivolgersi al proprio medico o a uno specialista, che possa indirizzare la persona verso il percorso più sicuro e più appropriato per la propria salute.