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25/11 2020
Salute

RICERCA. Il Coronavirus ferma il Paese, ma non la violenza sulle donne

— di Cinzia Meraviglia, Giussy Barbara e Aurore Dudka

A cura del Centro Genders della Statale e del Centro Antiviolenza del Policlinico, un report sulla violenza verso le donne all’epoca della pandemia.

In occasione del 25 novembre,Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, le ricercatrici del Centro Ricerche Genders dell'Università Statale di Milano, Cinzia Meraviglia e Aurora Dudka, con Giussy Barbara del servizio SVSeD (Soccorso Violenza Sessuale e Domestica) di Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, hanno realizzato un report sui numeri della violenza contro le donne con una particolare attenzione alla situazione della pandemia, con le misure di lockdown che hanno interessato il Paese.

Nel corso del 2020, secondo le notizie di stampa, spiegano le autrici, sono stati commessi 84 femminicidi. Uno ogni quattro giorni circa. Ci sono state giornate tremende, per le donne, quest’anno: certo, a causa del lockdown, che ha chiuso in casa col proprio maltrattante le donne che hanno una relazione violenta. Ma non sono solo le giornate del lockdown ad essere state tremende. Nel solo mese di gennaio sono state uccise ben 15 donne, con una concentrazione mai vista in alcune giornate: 3 casi il 19 gennaio, altri 3 tra il 23 e il 25 gennaio, di nuovo 3 casi nella sola giornata del 30 gennaio e, per finire, 2 casi il 31 gennaio. Un bollettino di guerra.

Paradossalmente, con il lockdown questo ritmo infernale ha rallentato: in marzo e in aprile sono state uccise rispettivamente 9 e 6 donne, mentre la media degli otto anni precedenti era di 11 donne in ciascuno dei due mesi. Se invece consideriamo il periodo da marzo a giugno, contiamo 32 femminicidi, mentre nel 2019 erano poco meno, 38, e nel 2018 erano 41. Il rallentamento dei casi è proseguito anche mesi mesi successivi, da luglio a novembre, con 32 femminicidi, tanti quanti da marzo a giugno.

La ragione dietro il rallentamento, rispetto all’inizio del 2020 e al 2019 - riflettono le ricercatrici -, potrebbe essere semplice, e non segnala un fatto positivo per le donne. Non è infatti difficile pensare che nel 2020, in una situazione sociale, oltre che sanitaria, completamente sconvolta rispetto all’ordinario, le donne abbiano scelto di rimandare ogni decisione di separazione, o comunque ogni decisione mirata ad un percorso di maggiore autonomia.

Un importante 'cartina di tornasole' di quello che è accaduto arriva dall'esperienza del servizio Soccorso Violenza Sessuale e Domestica (SVSeD) presso il Policlinico di Milano che, durante i mesi del lockdown, ha infatti rinforzato nelle operatrici la convinzione che l’impatto negativo delle misure di isolamento e distanziamento sociale sulle donne in relazione violenta sia purtroppo superiore a quanto ipotizzato. Se consideriamo l’esperienza di SVSeD (che ha un bacino di utenza che si estende oltre la città metropolitana di Milano, e che è centro regionale di riferimento per le violenze sessuali), dall’inizio della messa in atto delle misure di isolamento sociale - spiegano le ricercatrici - vi è stata una netta riduzione degli accessi in SVSeD di donne richiedenti aiuto a causa dei maltrattamenti subiti dal partner. Questo in contrasto con l’aumento delle chiamate alla help-line nazionale del Dipartimento per le Pari Opportunità, che ha registrato un fortissimo incremento di contatti via telefono e chat da marzo a maggio di quest’anno, rispetto al 2019.

La riduzione rilevata dal servizio SVSeD - sottolineano le autrici - non deve essere interpretata come una riduzione della violenza stessa, anzi. È il pericoloso segnale dell’enorme limitazione delle donne nelle richieste di aiuto, completamente isolate in casa col maltrattante ed impossibilitate a qualunque contatto con l’esterno. E’ il pericoloso segnale, inoltre, di una rinuncia, almeno temporanea, all’intraprendere quel delicato percorso di fuoriuscita da una relazione violenta.

Certamente, separarsi nel 2020 segnato dal coronavirus potrebbe essere più difficile per ragioni oggettive. Sono le donne ad aver perso più spesso il lavoro, e quindi il reddito, a causa dalla crisi economica innescata dalle misure anti-Covid. Inoltre ha certamente pesato l’assottigliarsi delle reti di supporto dovuta al confinamento nelle mura domestiche e al divieto di incontrare parenti e amici, e la difficoltà a contattare centri antiviolenza e altri soggetti delle reti di aiuto per la costante presenza in casa del maltrattante.

L'appello delle studiose, alla luce dei numeri e delle limitazioni dovute ai lockdown è quello per "un ripensamento degli attuali meccanismi di sostegno e intervento nei casi di violenza sulle donne, meccanismi che devono essere velocemente adeguati per consentire alle donne che lo desiderano di uscire in completa sicurezza da relazioni violente".