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19/09 2025
Salute

Il dono della vita, il mio viaggio dall'insufficienza renale al trapianto al Policlinico di Milano

— Paola Iuorio

Dal primo esame del sangue al trapianto: la storia di Vincent, salvato dal Policlinico di Milano grazie all’équipe del professor Ferraresso

Quando nel settembre del 2010 Vincent accettò, quasi svogliatamente, di fare degli esami del sangue, non poteva immaginare che la sua vita stesse per cambiare in modo radicale.

«Era stata mia moglie a insistere» racconta. «Io non facevo esami da anni. Non stavo male, se non per un po’ di stanchezza che attribuivo al lavoro e al fumo. Nulla di preoccupante».

Eppure i risultati degli esami parlavano chiaro: valori completamente sballati, con la creatinina a 7-8, quando il massimo fisiologico è poco più di 1. «Quando i medici me lo dissero, non realizzavo. Pensavo fosse un piccolo problema. Invece mi stavano dicendo che ero a rischio blocco renale».

L’impatto della diagnosi

Al pronto soccorso la diagnosi fu netta: insufficienza renale cronica avanzata. Vincent rimase ricoverato due mesi. «Mi spiegarono che la mia vita da lì in avanti sarebbe stata legata alla dialisi e, se fossi stato fortunato, a un trapianto».

La malattia renale cronica è subdola: spesso silenziosa, senza sintomi evidenti. «È questo il problema. Nel 90% dei casi non ti accorgi di nulla finché non sei già in condizioni gravi. Io mi sentivo quasi normale, e invece ero al limite».

Undici anni tra speranze e paure

Dal 2010 il Policlinico di Milano divenne la sua seconda casa. Controlli, analisi, visite continue: «Ho imparato che non bisogna “combattere” la malattia, ma accettarla. Integrare la diagnosi nella vita e cambiare ciò che si può cambiare».

La vita di Vincent andò avanti così per undici anni. Nel frattempo ci furono anche cambiamenti personali: «Mi sono divorziato e poi risposato. Mia moglie si offrì di donarmi un rene. Pensavo fosse la mia occasione».

Gli esami preliminari, però, rivelarono un importante ostacolo. «Dopo settimane di tentativi di desensibilizzazione dovuta all’incompatibilità, medici furono costretti a fermare tutto a pochi giorni dall’operazione. Per me fu un crollo. Pensavo che avrei dovuto affrontare anni di dialisi senza possibilità di uscita».

La telefonata che cambia la vita

La svolta arrivò nella notte del 16 febbraio 2022. «Erano le 00:37 quando squillò il telefono. Un medico mi disse che c’era un rene disponibile per me. Non era destinato a me in origine, ma il paziente previsto risultò positivo al Covid. E così quella possibilità diventò il mio miracolo».

Proprio quel giorno ricorreva l’anniversario di nozze dei suoi genitori «Era come se fosse stato scritto da qualche parte» ricorda con emozione.

L’intervento fu eseguito dal professor Mariano Ferraresso, Direttore della struttura complessa di Chirurgia Generale - Trapianti di rene del Policlinico di Milano, insieme alla sua equipe. «I primi giorni furono delicati, sembrava ci fosse rischio di rigetto. Ma io ero sereno, sentivo che sarebbe andata bene. E così fu». Dopo quindici giorni venne dimesso.

Una quotidianità riconquistata

Oggi Vincent conduce una vita regolare. Ha smesso di fumare, segue una dieta equilibrata e pratica attività fisica. «Ogni giorno è un dono. Ho capito che la disciplina è una forma di libertà».

Ma soprattutto ha deciso di restituire quanto ricevuto: collabora con ANED, l’Associazione Nazionale Emodializzati, raccontando la sua esperienza a chi si trova ad affrontare dialisi e trapianto. «Quando ti dicono che dovrai fare la dialisi, sembra la fine del mondo. Ma non lo è. Io sono la prova che si può continuare a vivere, e a vivere bene».

Gratitudine

Guardando indietro, Vincent non ha dubbi: «Se oggi sono qui lo devo al Policlinico di Milano, a tutto il reparto di Nefrologia e Dialisi e Trapianti di rene diretto dal professore Giuseppe Castellano, al professor Ferraresso con la sua straordinaria equipe chirurgica e al professore Emanuele Montanari, Direttore di Urologia e la sua equipe. Non sono solo grandi professionisti, sono persone che ti fanno sentire al sicuro anche nei momenti più difficili. A loro va la mia gratitudine eterna».

 

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