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05/06 2023
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Beethoven e il suo "secondo cervello"

— Francesca Granata

L’intestino ha cento milioni di neuroni, capaci tra le altre cose di avvertire stress, ansia e tensione: anche per questa ragione è stato definito il nostro “secondo cervello”. Infatti, quando l’intestino si ammala possono insorgere numerosi altri sintomi in organi distanti, per via dell’influenza che questo organo ha su tutto l'organismo e in particolare sul sistema immunitario. Ed è proprio questa conoscenza scientifica che ha portato ad una possibile risoluzione del caso clinico di Ludwig van Beethoven.

All’età di 45 anni Beethoven aveva già composto 750 opere ed è passato alla storia come uno dei più grandi compositori di musica classica di tutti i tempi, ma rappresenta anche un esempio di resilienza e tenacia per aver superato i limiti della sua malattia più nota, la sordità. All’età di 28 anni Beethoven scrisse a un medico di fiducia descrivendo così i primi sintomi: “Sento ancora la musica, ma inizio a non avvertire bene tutte le parole delle persone”. Nei 10 anni successivi la patologia degenerò, fino a renderlo totalmente sordo anche alla sua amata musica. Escogitò varie tecniche per continuare ad avvertirla: ad esempio fece tagliare le gambe del suo pianoforte per appoggiarlo a terra e lo collocò dentro a una cassa di risonanza, per amplificarne e avvertirne le vibrazioni. E si fece costruire dall’amico Johann Mälzel, inventore del metronomo, i precursori dei primi apparecchi per l’udito, i cornetti acustici.

 

Fino a poco tempo fa le origini della sordità di Beethoven erano sconosciute: solo recentemente un’ipotesi è svettata più alta delle altre, ricavata grazie a una più attenta analisi dei suoi scritti. Il compositore, infatti, raccontava spesso di soffrire anche di altri sintomi che finora non erano stati correlati con la sua sordità. Infatti, già dall’adolescenza soffriva di tremendi attacchi addominali seguiti da violente coliche che lo indebolivano sempre di più, ed è per questo che quando si riferiva alla sua stessa salute la descriveva sempre come "miserabile".

 

Che relazione c’è tra il "secondo cervello" indebolito di Beethoven e la sua sordità? Secondo alcuni esperti, che riesaminarono la sua cartella clinica, il compositore soffriva di una malattia infiammatoria intestinale (IBD). Le IBD sono un gruppo di patologie che coinvolgono diversi organi, e tra le più conosciute ci sono il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. Ed è proprio quest’ultima che avrebbe colpito il compositore tedesco.

Dalla letteratura scientifica emerge che l'ipoacusia neurosensoriale o sordità è un effetto secondario (seppur raro) nelle malattie infiammatorie intestinali, specialmente nei pazienti con colite ulcerosa. La perdita dell'udito sembra attribuibile al sistema immunitario del paziente che aggredisce le cellule dell'orecchio interno: lo stesso sistema immunitario che, come detto all’inizio, subisce una forte influenza dall’intestino. Dopotutto è sufficiente essere solo un po' stressati per accorgersi di come cambia il nostro alvo intestinale, e di quanto questo ci faccia sentire spossati e stanchi. Una malattia cronica, quindi, se non trattata correttamente non farebbe altro che peggiorare questa condizione, fino a compromettere seriamente la salute dell'individuo.

 

Le malattie infiammatorie intestinali insorgono a tutte le età, ma il picco maggiore è tra i 14 e i 24 anni, proprio come accadde al compositore. Alla sua epoca, però, non si sospettava nemmeno l’esistenza di queste patologie. Anche oggi la conoscenza di queste patologie non è ancora totale, anche se è in continua evoluzione grazie alle nuove tecnologie, che possono andare ad analizzare l’intero microbiota (ovvero l'insieme dei microrganismi "buoni" che vivono nel nostro intestino) e la genetica di una persona affetta da una di queste patologie. La diagnosi rimane sempre difficoltosa, perché i sintomi spesso sono aspecifici, mentre il percorso diagnostico prevede analisi del sangue, delle feci e l’endoscopia con biopsie. Una volta diagnosticata, al paziente vengono proposte terapie farmacologiche per prevenire le crisi peggiori, e capaci di tenere la malattia sotto controllo. Inoltre, viene aiutato nella gestione dello stress e della dieta per prevenire la progressione o il classico andamento fluttuante di queste patologie.

 

Beethoven purtroppo non aveva a disposizione né la conoscenza né le terapie necessarie per evitare l’esito più grave della colite ulcerosa, che prevede anche la cirrosi epatica: e fu proprio questa la causa della sua morte. Ma la sua storia così iconica può comunque lasciarci degli insegnamenti: come quello della tenacia che gli consentì di superare i suoi problemi di salute per creare la sua arte grandiosa. A dimostrazione di quanto la mente, se vuole, può superare qualsiasi ostacolo.

 

 

Articolo tratto dal magazine Blister, storie dal Policlinico per curare l'attesa