
Animo nobile
— Nino Sambataro
La casa di Beatrice ricorda molto da vicino quelle dei grandi appassionati d’arte milanesi, come i Bagatti-Valsecchi o i Boschi-Di Stefano. Tutto è curato fin nei minimi dettagli. Casa sua non è semplicemente ordinata: è armoniosa. Non è solo grande, ma accogliente. Questo perché, come si sa, la casa esprime il modo di essere di chi la abita.
Beatrice, Beina per gli amici, ovvero Beatrice Pistolesi Gai, è da molti anni la responsabile dell’Ufficio di Pubblica Tutela del Policlinico di Milano. Un organo esterno all’Ospedale che si occupa, come dice il nome stesso, di tutelare i diritti dei cittadini, che si rivolgono a lei per problemi legati al mondo della sanità.
“Sono solo una volontaria” dice, ma non senza l’orgoglio di chi al volontariato ha dedicato la vita.
Ma come è approdata al Policlinico, Beatrice?
“I miei genitori erano architetti e hanno lavorato a diversi progetti a Milano. Uno di questi è stato, a metà degli anni Settanta, quello per il nuovo Policlinico che doveva sorgere fuori Milano”. Quel progetto poi non fu portato avanti e l'Ospedale è rimasto dov’è, anche ora che sta rinascendo. In quell’occasione, tuttavia, i legami tra la famiglia di Beatrice e il Policlinico si sono fatti più stretti.
Ma che cosa l'ha portata a lasciare una carriera ben avviata, come manager e interprete parlamentare, per dedicare la vita al volontariato?
“La mia esperienza personale, dopo una malattia molto lunga e difficile. Ho iniziato nel 1998, con l’Associazione Visitatori e Visitatrici dell’Ospedale, di cui era presidente quella che è stata la mia maestra di vita e di carità, Amalia Litta Modignani”. Appena ci parla di lei, capiamo la potenza dell’affetto e della riconoscenza nei suoi confronti. E ci rendiamo conto che nonostante i tre nomi e il nobile lignaggio, la marchesa Litta non era una persona che andava per il sottile, quando si trattava di aiutare i malati e i bisognosi. Anche confrontandosi, senza mezzi termini, con le istituzioni.
Un’ottima scuola per Beatrice, che quasi contestualmente ha iniziato la sua esperienza a capo dell’Ufficio di Pubblica Tutela.
“Si, Lia (Amalia Litta, ndr) mi ha insegnato a partire dal bisogno dell’altro”.
Ma in che cosa consiste il lavoro della Pubblica Tutela?
“La mia è innanzitutto una linea di ascolto, sia per i cittadini sia per il personale. Rispondo sempre, tutti i giorni dell’anno, perché come sa bene chi lavora in sanità, la malattia non va in vacanza. Le persone mi chiamano per i motivi più disparati, perché hanno vissuto una brutta esperienza, o perché si sentono abbandonati in un mondo, come quello della sanità, che diventa sempre più complesso. O, semplicemente, perché hanno bisogno di qualcuno che li ascolti e li aiuti a orientarsi”.
Non sembra un compito facile.
“Forse non è sempre facile, ma l’esperienza maturata sul campo in tanti anni mi aiuta molto da questo punto di vista”.
Ma che tipo di risposte è in grado di dare la Pubblica Tutela a chi si rivolge a lei perché pensa siano violati i propri diritti?
“Innanzitutto cerco di capire che cosa è successo e in questo collaboro strettamente con l’Ufficio Relazioni con il Pubblico, che ha gli strumenti per verificare. Dopodiché, se il cittadino ha ragione, mi impegno perché vengano riconosciuti i suoi diritti e garantite le cure o le prestazioni di cui ha bisogno”.
Quindi il cittadino non ha sempre ragione?
“No, nessuno ha sempre ragione. A me piace pensare al Policlinico come a una grande famiglia. E come in tutte le grandi famiglie ci sono anche i problemi, ma ci sono soprattutto tantissime persone capaci: mi riferisco a tutto il personale sanitario e non sanitario, che ogni giorno fa di tutto per dare un servizio all’altezza del più importante Ospedale pubblico della città”.
Quando ci saluta, con la sua mise come sempre impeccabile e originale, ci viene da pensare che potrebbe orientare i cittadini anche in fatto di moda. Dopotutto, anche se non vuole che lo diciamo, da ragazza ha lavorato anche con Armani.