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15/07 2025
Salute

La forza della donazione degli organi e tessuti: “C’era una volta la speranza…”

— di Valentina Castellano Chiodo

Il racconto  e punto di vista di Maria Adele Figini, medico dell’Anestesia e Terapia Intensiva Donna-Bambino del Policlinico di Milano e del Coordinamento Ospedaliero Procurement Organi e Tessuti
 

La donazione di organi e tessuti è un processo complesso, composto da molti protagonisti e ognuno di loro ha un ruolo fondamentale. Ogni donazione potrebbe essere considerata un piccolo miracolo, un inno alla vita, una partita vinta della medicina e della scienza, una conferma dell’altruismo, una rinascita nel dolore, un riscatto della vita oltre la morte.

Così ogni giorno in corsia c’è chi insegue la speranza. Fra loro ci sono i medici del Coordinamento Ospedaliero Procurement Organi e Tessuti, che fra le lacrime di dolore e la disperazione di chi attende un organo sono sempre al fianco delle famiglie, custodi della Cura, sensibili all’empatia, perseveranti nell’ascolto, ma anche pronti a informare e accogliere, immediatamente disponibili a rendere possibile in sala operatoria qualcosa che sembrava impossibile, e disposti a credere fino alla fine alla forza della vita, di quegli uomini, donne e bambini, che in certi casi volontariamente e per scelta e in altri per un atto d’amore dei loro cari, lasciano a qualcun altro una parte di sé, donando un futuro...Che sia una sacca di sangue o un prezioso rene, un fegato nuovo o le cornee per tornare a vedere, il midollo osseo o il cordone ombelicale.
Accade a volte tutto molto velocemente per garantire, a chi ne avrà bisogno, una vita migliore. 

“La ritrovo nei reparti o nella sala operatoria. Sarà che comincio ad avere una certa età, ma io l’ho incontrata davvero, l’ho conosciuta bene. Ma chi non l’ha incontrata mai, la Speranza? La vediamo mentre stiamo per salire sulla bilancia. È spesso vista specchiarsi nelle vetrine dei negozi, negli occhi delle persone in sala d’attesa e alberga nell’ultimo capitolo del libro che abbiamo divorato, nelle pieghe dei film, in fila per il biglietto del concerto a cui non possiamo mancare, è lì in terza fila, alla gara di mia figlia, mentre lei ha gli occhi chiusi, trattenendo il fiato, davanti al dischetto per il rigore da non sbagliare assolutissimamente, che la guardo.
Non che sia mai riuscita a stringerle la mano, quello no.
Mi è sempre sfuggita da sotto agli occhi, un attimo prima era lì in reparto, dietro il ventilatore polmonare, un attimo dopo nell’armadietto dei farmaci.
Poi, se ti metti a rincorrerla, fa suonare il telefono a nastro e così ti tiene impegnato per buone mezz’ore.
Se ti affacci alla finestra la vedi che corre sul davanzale, questa incosciente. È testarda, guarda.
Le ho detto in molte occasioni che sarebbe stato meglio essere discreta, essere timida, essere meno verde, meno sgargiante. E, invece, eccola spuntare di nuovo e di nuovo ancora, fiorisce anche se non è primavera.
Ha più vite dei gatti, più naso di un cane da tartufo.
Ti trova sempre, anche in mezzo alla disperazione, nei momenti più bui.
Riesce a dare un senso anche quando le cose hanno poco, pochissimo senso o non lo vediamo. O magari proprio non ce l’hanno.
Ci sono stati dei giorni in cui l’ho capita davvero e ci ho parlato a lungo e giorni in cui mi è sembrata proprio inutile, anzi dannosa.
L’ho cacciata e non l’ho più trovata dove mi aspettavo che fosse.
C’era una volta la speranza. Poi l’ho persa di vista: un giorno le cose sono andate proprio male, ero triste e l’ho trattata malissimo, le ho dato la colpa di tutto, le ho chiesto di cambiare le cose intorno a me, ma visto che non poteva è svanita davanti ai miei occhi.
Ero fuori, seduta su una panchina, gli occhi pieni di lacrime. Mi mancava, ma era colpa sua.
Solo qualche tempo dopo ho notato un piccolo albero, lì dove lei era scomparsa. Dapprima era esile e un po’ sgangherato, ma c’era del buono dietro quel primo aspetto. Tanti lo fissavano e sorridevano, altri addirittura ridevano e raccoglievano fiori meravigliosi.
C’era una volta la speranza, anzi, c’era due volte, tre, cento, duecentoventiquattro e chissà quante altre volte. E chissà quanti fiori e quante foglie che non vediamo, ma hanno un colore e un profumo inconfondibili.
“Speranza, mi sei mancata. Eppure non ti ho mai lasciato!”
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I principi della donazione in Italia da ricordare

Gratuità, libertà, consapevolezza, volontarietà e anonimato: nel nostro Paese sono questi i principi trasversali a tutte le tipologie di donazione e a tutela del donatore e del ricevente.
Come ricorda anche il Ministero della Salute: “Ognuno di noi può salvare delle vite, esprimendo il proprio “sì” alla donazione, che nelle sue molteplici forme, è espressione di reciprocità e solidarietà.
Quando l’insufficienza d’organo risulta terminale e il paziente non risponde più alle terapie, l’unica strada percorribile per salvargli la vita resta il trapianto.
Nonostante i continui progressi della medicina e della scienza, non è ancora possibile creare organi in modo artificiale e proprio per questo la donazione rappresenta l’unica opportunità per eseguire i trapianti e salvare vite".

La donazione, così come il trapianto, è inserita nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza, e per questo a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale. Queste prestazioni sono riconosciute e assicurate sia per la donazione dopo la morte che per quella in vita, come nel caso del midollo osseo.
 

Leggi Come e Perché donare organi e tessuti

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