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17/10 2022
Salute

Quando i numeri non ci 'entrano' in testa: la discalculia, e le strategie per affrontarla

— Lino Grossano, con la consulenza scientifica di Maria Antonella Costantino, neuropsichiatra

   Ci sono persone che fanno i calcoli a mente senza problemi, che amano i numeri e usano le cifre con dimestichezza anche nella vita quotidiana. Ce ne sono altre, invece, che a sentir parlare di matematica e di operazioni aritmetiche vanno subito in confusione e dicono a priori di non capirci nulla. Molti sono senz'altro vittima di un pregiudizio, dato che la matematica è una delle scienze più affascinanti; altri, invece, potrebbero semplicemente avere un disturbo specifico dell'apprendimento chiamato discalculia. Vediamo in cosa consiste con Antonella Costantino, direttore della Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza (UONPIA) al Policlinico di Milano.

 

Cos'è la discalculia?

E' la difficoltà di certi individui a comprendere i numeri, ad attribuirgli un significato e a riuscire a manipolarli nelle operazioni aritmetiche. Una persona con discalculia potrebbe quindi avere problemi a riconoscere visivamente le cifre, ma anche a compiere operazioni matematiche banali e per la maggior parte di noi automatiche, come somme, divisioni o moltiplicazioni. E' un problema piuttosto diffuso: la stima è che riguardi quasi 90 mila bambini italiani. Anche se è senz'altro un problema che influisce sul rendimento scolastico in certe materie, la discalculia non ha niente a che vedere con l'intelligenza della persona: semplicemente, i circuiti del suo cervello funzionano in modo diverso, ma possono essere altrettanto efficienti se si impara ad indirizzarli correttamente.

 

Come ci si accorge se un bambino ha la discalculia?

I primi ad accorgersi che potrebbero esserci problemi con i numeri di solito sono i genitori, oppure gli insegnanti a scuola. Il bambino potrebbe avere qualche difficoltà in più a fare il conto alla rovescia, oppure nel ricordare i numeri; potrebbe metterci più tempo degli altri a fare calcoli semplici, oppure non riuscire a gestire i numeri a mente. Sono tutte competenze che ovviamente vanno tarate e osservate in base all'età del bambino e alle variabili individuali: è naturale che qualche bimbo ci metta un po' più di tempo degli altri, oppure che sia più precoce nell'imparare rispetto ai compagni; se però le difficoltà proseguono nel tempo, o non sono coerenti con l'età del bambino, si può ipotizzare un disturbo specifico del calcolo.

La discalculia si può trattare?   
Negli ultimi anni sono in aumento gli studi su strategie di intervento riabilitativo efficaci anche sulla discalculia, ma è importante considerarla prima di tutto  come un modo specifico con cui funziona il cervello di quell'individuo. Spesso la discalculia non è un problema invalidante, anche se in molti casi si associa ad altri disturbi come la dislessia (la difficoltà nel leggere parole) o la disgrafia (la difficoltà nel rappresentare graficamente frasi o numeri). Si dice che perfino Einstein fosse discalculico. Va però gestita correttamente, perché altrimenti rischia di creare difficoltà a scuola e nell'apprendimento.

Il primo supporto può arrivare dal pediatra o dall’insegnante, che valutata la situazione può indirizzare la famiglia allo specialista esperto di disturbi specifici dell'apprendimento. Dopo la diagnosi, è importante imparare prima di tutto a  mettere in campo strategie in grado di 'aggirare' il problema: ad esempio utilizzare algoritmi che facilitano il calcolo, o tavole pitagoriche, oppure sfruttare la calcolatrice per gestire i numeri, lasciando al bambino più grande o al ragazzo con discalculia la libertà di utilizzare il ragionamento, senza l'ansia di dover leggere o scrivere i numeri. Con i più piccoli, giocare con i numeri, collegandoli alle normali attività quotidiane per rafforzare certe associazioni può essere di aiuto.
La discalculia, infine, può essere fonte di ansie o frustrazioni sia per il bambino sia per la sua famiglia: per questo è importante gestirla correttamente anche dal punto di vista emotivo, puntando a valorizzare l'autostima del bambino e a rafforzare di conseguenza la sua fiducia nelle proprie abilità.