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07/03 2022
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#RICERCA Malattie infiammatorie intestinali croniche: cambiare biosimilare riduce la spesa sanitaria non l’efficacia

— Ilaria Coro

Per i pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), il passaggio da un farmaco biosimilare ad un altro non modifica l’efficacia della terapia, riducendo la spesa sanitaria e migliorando l’accesso ai trattamenti per un maggior numero di pazienti: queste le conclusioni ottenute dallo studio guidato da Flavio Caprioli del team della Gastroenterologia ed Endoscopia del Policlinico di Milano e pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “Clinical and Translational Science”.

Le MICI sono malattie croniche dell’apparato digerente, causate da un’anomala risposta immunitaria a livello della mucosa intestinale, che si manifestano con diarrea e dolori addominali, ed alternano periodi di remissione e di riacutizzazione.  A seconda delle loro caratteristiche e del tratto intestinale colpito, le forme più frequenti sono la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa. In Italia le persone affette dalle MICI sono circa 250mila, con un trend in continua crescita, per motivi che includono la dieta occidentale, ed un uso eccessivo di antibiotici in età giovanile, che inducono alterazioni della flora batterica intestinale. Negli ultimi 20 anni anche i casi più complessi possono essere trattati con successo grazie all’uso dei farmaci biologici, terapie innovative che mirano a bersagli specifici e che permettono una azione selettiva, efficace e con meno effetti collaterali rispetto alle precedenti terapie. A differenza dei medicinali tradizionali, prodotti con un processo di sintesi chimica, quello biologico è realizzato partendo da organismi viventi con conseguenti alti costi di produzione. Da qui la necessità di sviluppare sempre di più farmaci biosimilari (i corrispettivi dei farmaci equivalenti o generici per i tradizionali medicinali “di marca”), altrettanto efficaci ma con un costo ridotto dell’80% rispetto all’originale. Il metodo con cui vengono prodotti i biosimilari, può comportare un certo grado di variabilità nelle molecole. Infatti, è per questo che vengono definiti similari ma non equivalenti e sono oggetto di una paura ingiustificata, dettata anche dal fatto che hanno un costo ridotto rispetto agli originali.

Lo studio coordinato dalla Gastroenterologia ed Endoscopia del Policlinico di Milano ha confermato l’efficacia e la sicurezza dei biosimilari, in particolare quando si effettua un doppio passaggio (switch): prima il trattamento con il farmaco biologico (l’anticorpo monoclonale infliximab), poi il passaggio a un biosimilare e successivamente il cambio con un altro biosimilare. Durante la ricerca sono stati seguiti per un anno oltre 110 pazienti, 52 dei quali hanno effettuato il doppio switch. Non sono state riscontrate differenze in termini di remissione clinica, bloccando il processo infiammatorio con una veloce attenuazione, se non scomparsa, dei sintomi. Lo studio in particolare ha confermato l’assenza di complicanze che avrebbero richiesto un intervento chirurgico e gli effetti collaterali sono stati addirittura numericamente inferiori.

“I dati emersi assumono un'elevata rilevanza in termini di strategie di risparmio sui costi. Nei paesi in cui il sistema sanitario nazionale è completamente pubblico, come in Italia, la riduzione dei costi dei farmaci si traduce in un migliore accesso a trattamenti ad alto costo per una percentuale maggiore di pazienti. Ad esempio, con il risparmio ottenuto dal trattamento dei 52 pazienti si potrebbero curare altri 50 pazienti con MICI” spiega Flavio Caprioli, responsabile dello studio e specialista delle malattie infiammatorie intestinali croniche.

 Vai allo studio https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8742653/