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09/03 2021
Attualità

Basta finti stupri nelle fiction. Ecco la lettera del Policlinico alla commissione parlamentare vigilanza TV


A scrivere è con orgoglio l’Onorevole Dorina Bianchi che, in qualità di membro del Consiglio di Amministrazione del Policlinico di Milano, si è rivolta alla Commissione parlamentare per la vigilanza ai servizi televisivi per ricordare che anche la TV, soprattutto se pubblica, ha il compito prezioso di educare per formare "donne consapevoli e uomini rispettosi".

Si tratta di un’importante presa di posizione che siamo orgogliosi l’Onorevole Bianchi abbia rivendicato anche a nome del nostro Ospedale che  - come lei esprime al meglio -  conosce bene la dolorosa realtà della violenza maschile sulle donne.


Al Presidente della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Egregio Presidente,
nella mia esperienza parlamentare, anche quale componente della Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, ho sempre difeso il ruolo libero ed autonomo del servizio pubblico radio televisivo che deve puntare sempre più ad una informazione ed a contenuti di qualità, nel rispetto dell’autonomia, del pluralismo e della valorizzazione di tutte le realtà del mondo associativo, sociale e civile. Per questo desidero porre alla attenzione della presidenza e della Commissione di Vigilanza e dei suoi membri un tema a me molto caro come quello della violenza contro le donne, una vera e propria piaga sociale che può colpire chiunque indipendentemente dall’età, dalla provenienza, dal livello di studi e dalla condizione economica e per questo è ancora più pericolosa.

Oggi che il mio impegno mi vede nel Consiglio di Amministrazione del Policlinico di Milano, dove insiste Il Soccorso Violenza Sessuale e Domestica, un centro antiviolenza pubblico che dal 1996 si rivolge a tutte le vittime di violenza, di qualunque sesso e che offre a donne e minori accoglienza, sostegno psicologico, assistenza sanitaria e medico-legale, – ascoltando l'esperienza di chi lavora e opera in questo centro – posso dire che se si vuole combattere la violenza prima delle azioni repressive deve esserci un grande sforzo culturale. Il cambiamento di cui abbiamo bisogno parte proprio da qua, dall’educazione per formare donne consapevoli e uomini rispettosi. La strada da fare è ancora lunga, le reti attive sui territori stanno facendo e hanno fatto un lavoro incredibile, ma nel cambiamento culturale i media giocano un ruolo fondamentale quali baluardi di diritti, uguaglianza e parità, motore di un nuovo e rispettoso approccio culturale nei confronti delle donne.

Sappiamo quanto il servizio pubblico abbia aiutato il nostro Paese nei momenti più difficili, nella formazione e nella costruzione di legami forti nella società. All'interno di questo lavoro c'è stato un grande aiuto per l'emersione del tema della violenza sulle donne, con campagne che hanno portato a un aumento delle richieste di aiuto. Tuttavia, occorre trovare un linguaggio diverso nel racconto della violenza, è necessario trovare parole che restituiscano speranza e fiducia alle donne in questa battaglia, soprattutto porre maggiore attenzione ad alcune rappresentazioni televisive e cinematografiche che ripropongono modelli culturali stereotipati legati alla violenza e che influenzano le opinioni che le persone hanno nei confronti della violenza contro le donne. Anche la Convenzione di Istanbul – carta di riferimento per tutti noi - insiste sulla prevenzione e sull’educazione: chiarisce quanto l’elemento culturale sia fondamentale e assegna all’informazione ed ai media un ruolo specifico richiamandoli alle proprie responsabilità (art.17).
Nelle ultime settimane, però, sulla rete ammiraglia RAI, in prima serata, sono state riproposte in tre diverse fiction altrettante storie di donne che denunciano finti stupri, presunte vittime che poi si rivelano bugiarde.

Una imperdonabile coincidenza in un Paese che già fa molta fatica a credere alle violenze sessuali e dove Il timore di non essere credute è uno dei motivi principali per cui le donne non denunciano le violenze sessuali. È quanto emerge anche dagli ultimi dati ISTAT (2016) che fotografano la situazione: meno del 10% delle donne denuncia le violenze di genere. E' importante, dunque, un'attenzione particolare a questi temi, nell'informazione quanto nei programmi in prima serata, maggiormente seguiti dalla gran parte del pubblico televisivo, proprio per evitare che 'luoghi comuni' usati per negare o minimizzare una violenza subita da una donna, aggiungano altra violenza a quella già subita.

Sarebbe utile, che la commissione pari opportunità in seno alla RAI monitori anche i contenuti delle produzioni cinematografiche per evitare in futuro simili episodi. Sono certa che saremo tutti in prima linea per fare in modo che questo messaggio passi con la dovuta forza per scardinare questi stereotipi di genere che permeano la società. Sarebbe un bel messaggio, anche in occasione dell’8 Marzo, che la RAI si faccia promotrice di una programmazione proprio per sensibilizzare tutti su questo tema.

Dorina Bianchi