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04/07 2018
Salute

Che cosa significa avere il fegato «grasso»? E che rischi si corrono?

— di Pietro Lampertico, contributo pubblicato il 02/06/2018 sul Corriere della Sera

Mi hanno diagnosticato la steatosi epatica: di che cosa si tratta? A quali conseguenze vado incontro? Quali sono le terapie?
Risponde Pietro Lampertico, direttore della Gastroenterologia ed Epatologia dell'Ospedale Policlinico di Milano

La steatosi epatica (più comunemente nota come «fegato grasso») è una condizione frequente che consiste, appunto, nell’accumulo di grasso nel fegato. Di per sé non dà sintomi e non è patologica, però può evolvere in infiammazione (steatoepatite) e fibrosi, che possono portare allo sviluppo di cirrosi epatica. Il meccanismo alla base della steatosi è l’insulino-resistenza, cioé un’aumentata resistenza da parte dell’organismo all’azione dell’insulina, problema associato allo sviluppo di diabete, obesità, ipertensione arteriosa e aterosclerosi, e quindi a un aumentato rischio di malattia cardiovascolare.

 

La diffusione

Steatosi e steatoepatite sono sempre più diffuse nel nostro Paese; chi ne soffre spesso ha anche il diabete (22%), la pressione alta (40%), il colesterolo e/o trigliceridi alti (69%) o è obeso (51%). In questi casi si parla di epatopatia metabolica (o sindrome metabolica), che, si stima nei Paesi Occidentali riguardi il 25% delle persone, anche se probabilmente si tratta di una stima ottimistica. Dal punto di vista clinico, la distinzione tra la steatosi e le forme potenzialmente progressive è importante, non solo per impostare un migliore controllo a lungo termine, ma anche per la prognosi. Infatti, visto che la malattia è asintomatica, la diagnosi avviene di solito casualmente, nel corso di accertamenti richiesti per altre ragioni dal medico curante o da specialisti come il diabetologo o il cardiologo.

 

Ecografia e esami del sangue «sospetti»

In genere il sospetto nasce dopo un ecografia addominale in cui viene notato un fegato più grande del normale oppure «brillante» (come di dice in gergo) o dopo un esame del sangue in cui le transaminasi (enzimi prodotti dal fegato) siano superiori alla norma. Questi riscontri, però, da soli non bastano per distinguere fra la steatosi «semplice» e le sue forme potenzialmente progressive. Per questo è necessario approfondire la situazione. L’anamnesi, cioè la raccolta della storia clinica del paziente, è fondamentale: infatti il tempo trascorso dalla alterazione delle transaminasi e dal riscontro di steatosi all’ecografia è essenziale per valutare la cronicità del danno epatico.

 

La diagnosi

Inoltre è fondamentale la ricerca dei fattori potenzialmente responsabili dell’accumulo di grasso (dislipidemia, intolleranza glucidica, diabete, sovrappeso o obesità, assunzione di alcolici). Quando si possano escludere altre cause di danno epatico (virali, tossiche, alcool, malattie da accumulo), nella maggior parte dei casi si tende a propendere per una diagnosi di steatosi semplice; tuttavia non è sempre così poiché non è infrequente trovare, ad esempio, esami persistentemente normali in soggetti diabetici talvolta già portatori di cirrosi. Infine, l’esclusione di altre cause di patologie del fegato (acute o croniche) è decisiva per arrivare alla diagnosi, definita, per esclusione, di epatopatia metabolica. Sebbene la diagnosi di epatopatia metabolica possa avvenire per esclusione di altre cause e le tecniche non-invasive di «stadiazione» della malattia (ad esempio l’elastografia transiente) possano essere utili per valutare la presenza di fibrosi, l’esame istologico tramite biopsia epatica rappresenta l’unico in grado di dare informazioni certe e di identificare le caratteristiche microscopiche proprie della steatoepatite (infiammazione e degenerazione delle cellule epatiche) e di valutare la presenza di fibrosi e alterazioni strutturali (come la cirrosi) del fegato.

 

La prevenzione

Questo è fondamentale, perché i pazienti portatori di steatoepatite e di fibrosi al momento della diagnosi sono quelli a rischio di sviluppare nel tempo una malattia di fegato significativa, con un rischio di tumore del fegato e di mortalità correlata pari allo 0,5% e al 2,5% per anno, rispettivamente. Purtroppo non esistono terapie farmacologiche approvate contro le steatosi e la steatoepatite. Nonostante molte molecole siano in fase di sviluppo, le raccomandazioni internazionali indicano nel calo di peso e nella regolare attività fisica gli unici strumenti in grado di agire su queste condizioni, potenzialmente reversibili. In aggiunta, la correzione delle cause sottostanti l’epatopatia metabolica (colesterolo e/o trigliceridi alti, diabete) giocano un ruolo fondamentale nel modificarne la storia naturale.