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23/11 2024
Salute

Scrivo una lettera per te...

— Marina Lauro

Giorno 1
Parola del giorno: quando ti cade il mondo addosso.
“Scrivo una lettera per te, così per sempre la leggerai, scrivo una lettera per te, così ogni tanto piangerai… perché l’amore fa piangere lo sai”.

Caro papà,
Canta così Luca Carboni in questa bellissima canzone “mi ami davvero”.
Ho deciso di scriverti una lettera ogni giorno, così quando ti riprenderai - perché so che c’è la farai - potremo insieme riguardare tutti i passi della tua “avventura”.
Hai avuto un ictus ischemico dovuto ad un restringimento della carotide. Ti hanno dovuto operare, l’intervento che ti ha salvato la vita si chiama trombectomia; ti hanno messo uno stent per tenere aperto il vaso che si era ostruito. Abbiamo passato tutta la giornata in pronto soccorso, e ora sei finalmente stato trasferito in stroke unit, quella parte di neurologia specializzata per curare proprio gli ictus. Che brutta parola vero? Suona già male, fa paura, è dura. Ho messo sul tuo comodino una nostra foto del Natale scorso. Siamo lì con te. Non avrei mai voluto lasciarti, ma ho dovuto salutarti. Ti ho affidato nelle mani dei professionisti del reparto; chissà se sanno che dentro quel letto c’è un papà amato tantissimo dalle sue figlie.

 

Giorno 2

Parola del giorno: dove sei? So che ci sei

Oggi è la tua prima giornata post-operatoria. Sei confuso, parli male, non riesci a muovere un lato del corpo. I medico mi hanno spiegato che si chiama emiparesi. Ma so che ci sei Papà’. Dentro ai tuoi verdi che mi hanno sempre confortata ti trovo, ti vedo, so’ che tornerai. Sono venute a trovarti tantissime persone oggi, so che avresti voluto parlare, ma non ci sei riuscito. Ti dico solo una cosa: non avere paura, io so che sei lì dentro e anche se non puoi parlare io ti capisco, e sono con te. Faremo fisioterapia, logopedia; ovunque tu sia io ti porterò a casa.

 

Giorno 3
Parola del giorno: attesa

Chissà se lo sanno gli operatori del reparto quanto per noi parenti sia prezioso quel tempo da passare con te. Chissà se lo immaginano che dal giorno precedente non faccio altro che contare le ore per la prossima visita. Nel tuo reparto si può entrare soltanto dalle 16,15 alle 18,30. 2 ore e 15 minuti che ne valgono 24. Questo tempo è troppo poco. Troppo poco per fare tutto quello che vorrei: barba, coccolarti, parlarti, sistemarti la camera, guardarti. Hai cominciato a parlare un pochino e la prima cosa che mi hai detto è’ stata "queste scarpe per la fisioterapia sono troppo brutte”. Ho riso, eccoti qui, dove sei stato? Bentornato papà, dammi la mano che ti sorreggo io.

 

Giorno 4
Parola del giorno: resistere

Oggi è stata una brutta giornata. Hai avuto una piccola complicanza che si chiama Tromboembolia polmonare. Un’ altra parola orribile che odieremo perché ti ha costretto a letto con l’ossigeno perché respiri male. Oggi sono a pezzi papà. Sono a pezzi, ma dobbiamo resistere. Tu cerca di restare con me… non mollare, resta presente.

 

Giorno 5
Parola del giorno: sorprendersi

Nonostante le complicanze i neurologi oggi ci hanno dato delle buone notizie; ti stai riprendendo. Le malattie neurologiche sono invisibili, sembra che vada tutto bene, ma bisogna procedere con molta calma. Guardò gli infermieri che ti toccano e che si prendono cura di te. Fuori dalla finestra Milano regala un sole bellissimo e io prego che quella luce possa esserti di conforto per superare tutto. A volte basta solo un po’ di sole.

 

Giorno 6
Parola del giorno: solidarietà

Si chiama Marco, ha 50 anni e anche lui come me è qui tutti i giorni ad aspettare l’orario delle visite. Ci siamo riconosciuti in quel dolore che solo un parente può portare dentro, e ci siamo presi un caffè insieme. Anche lui ha il papà ricoverato in neurologia. Ci siamo scambiati qualche commento, qualche sorriso: un modo per far scorrere quel tempo. Aspetto le 16:15 per vederti. Anche essere e fare il “parente” è davvero faticoso.

 

Giorno 7
Parola del giorno: quando torno a casa?

Ciao papà, sono diversi giorni che non ti scrivo. Diciamo che tra il lavoro e le corse in ospedale per visitarti non ho trovato le parole. Mentre tu le parole finalmente le hai trovate. Sono passati 15 giorni da quel tragico lunedì, e devo dire che oggi sei finalmente stabile.
Hai iniziato a fare fisioterapia, a parlare meglio e mangiare. Hai ripreso a brontolare come tuo solito che vorresti la pasta al forno di mamma, i budini al cioccolato. Sappiamo che la strada è’ ancora tutta in salita, che ci vorrà del tempo per ritornare ad essere quelli che eravamo, ma siamo tutti fiduciosi.
E’ assurdo pensare che in quel letto ci sei tu, ma che questo evento tragico ha cambiato anche me, le mie sorelle, la mamma.
Siamo stati fortunati: il tempo e le competenze del personale eccezionale ci hanno permesso di poter sorridere ancora.
Siamo tutti stanchi, ma non molliamo vero?
Ecco, mi hai appena chiamato e mi hai chiesto “quando torno a casa?”

Perché certo, in ospedale ti curano bene, ma casa e’ sempre casa.
Lo so. Ti aspettiamo presto.

Emofilia, al policlinico di Milano un centro dedicato

Il Centro Emofilia e Trombosi “Angelo Bianchi Bonomi” è in grado di fornire un ampio ventaglio di prestazioni, sia per fare diagnosi sia per intervenire direttamente su emofilia, malattie della coagulazione, emorragiche e trombotiche. Si rivolge a persone di tutte le età, dall'adulto all'anziano, fino al bambino e al neonato ed è uno dei più importanti in Europa per la diagnosi e la cura delle malattie emorragiche, divenendo centro di riferimento per numerose istituzioni e federazioni nazionali e internazionali.

Articolo tratto dal magazine Blister, storie dal Policlinico per curare l'attesa.

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