
Dalla fantascienza alla scienza: storia di un trapianto di rene
— di Federica Bonalumi
Era il 1969, rampa di lancio di molti avvenimenti che avrebbero cambiato la Storia. Un anno che seguì le prime contestazioni studentesche e che chiuse una certa visione del mondo, aprendo la strada della modernità.
Era l’anno della storica marcia contro la guerra in Vietnam, della prima legge sul divorzio in un’Italia ancora molto tradizionalista, e del primo collegamento remoto tra computer. Nel 1969, il mondo intero stava con il naso all’insù per assistere allo sbarco del primo uomo sulla Luna, astro e satellite che per generazioni aveva ispirato poeti e scienziati. Da quel momento tutto sembrava possibile.
E mentre in televisione usciva l’ultimo episodio della celebre serie tv di fantascienza Star Trek, una grande impresa veniva portata a termine anche al Policlinico di Milano. Ciò che per l’epoca era sì, fantascienza, diventava improvvisamente realtà.
Il 22 maggio del 1969 un’équipe di medici capitanata dal chirurgo Edmondo Malan entra in sala operatoria per salvare la vita di un uomo grazie ad uno tra i primi trapianti di rene mai eseguiti, sicuramente il primo in Lombardia. E' una mite notte primaverile, di quelle in cui la città di Milano comincia ad uscire dal suo torpore invernale, quando la squadra del Policlinico coinvolta nell’impresa viene chiamata dagli anestesisti in servizio per correre in ospedale. Era iniziata la fibrillazione ventricolare del futuro donatore, il suo arresto cardiaco sarebbe stato imminente e, di conseguenza, anche il momento per effettuare il primo trapianto di rene si avvicinava.
L’équipe aspettava la chiamata dal Policlinico a casa del professor Malan, che aveva ospitato i colleghi per la notte, in modo da rendere più rapido e coordinato l’arrivo in ospedale.
Si trattava infatti di un’operazione che andava programmata minuto per minuto, e non si potevano ammettere imprevisti. La tensione dei medici era palpabile: stavano per compiere un’operazione che avrebbe cambiato la storia della medicina e che apriva numerose domande non solo scientifiche ma anche di natura etica, a cui non sarebbe stato facile rispondere con una voce univoca.
E così, in quel giovedì di maggio del 1969, la fantascienza si tramutava in scienza.
Il percorso per arrivare al successo di quella “prima volta” non fu breve. Negli anni precedenti l’équipe aveva studiato per apprendere al meglio le tecniche della dialisi applicata al paziente cronico, in modo che il paziente da trapiantare potesse arrivare all’intervento con il sangue “il più pulito possibile”. Al perfezionamento della dialisi si aggiungevano numerosi anni di studio e sperimentazione di tecniche di microchirurgia degli organi, passaggio essenziale per rendere perfetti i reni da trapiantare ed evitare quindi complicanze vascolari che portassero al rigetto dell’organo donato.
E’ passato mezzo secolo da quella prima volta, di trapianti ce ne sono stati molti, ma le emozioni che si percepiscono durante ogni operazione sono sempre le stesse. Ogni trapianto racchiude infatti un intreccio di storie da raccontare in cui sofferenza, speranza, tensione, gioia e passione sono i testimoni della straordinarietà di questo percorso.
Al centro di tutto il sistema
Oggi, cinquant’anni dopo, il Policlinico è al centro di tutto il sistema trapianti. Dal 1969 ha effettuato quasi 3.500 trapianti di rene (di cui quasi 500 da donatore vivente), e ha superato i 1.000 trapianti di fegato già nel 2014. In Ospedale è attivo il Nord Italia Transplant program (NITp), il cui lavoro è indispensabile per coordinare tutte le fasi che dal prelievo portano al trapianto, ed è capofila sul tema del ricondizionamento d'organi, soprattutto di rene e polmone. Non a caso, già nel 1974 il Policlinico veniva scelto da Regione Lombardia come Centro regionale di riferimento.
Articolo tratto dal magazine Blister, storie dal Policlinico per curare l'attesa