
Le prime due vite di Lucio
— Virginia Alessio
Jeans, occhiali da sole, casco in testa e aria spregiudicata. A guardarlo fare acrobazie in moto nessuno direbbe che quest’uomo abbia superato i 70 anni, né tanto meno che abbia subìto un trapianto di fegato. Eppure è così. Questa è la storia di Lucio Lisarelli, classe 1943, che ha reso la sua passione per le sfide su due ruote un modo originale per spronare i pazienti in attesa di trapianto a non mollare.
“Vivevo soltanto dei miei sogni, con la valigia pronta sotto al letto, in attesa di una chiamata che non arrivava mai. Fino a quando, finalmente, ho ricevuto un dono speciale”. Il dono di cui parla, Lucio lo ha aspettato per quasi due anni, senza mai perdere le speranze. Da tempo ormai le sue condizioni di salute non erano buone, ed erano peggiorate a tal punto da rendere necessario un trapianto di fegato. Ma anche quando trovare un donatore sembrava impossibile, lui non si è mai perso d’animo, raccogliendo dentro di sé la forza per sdrammatizzare sugli eventi perché “è dal dolore che rinasce la vita”.
Era il 1996, la notte prima di Natale, quando Lucio ha ricevuto la chiamata che gli ha cambiato la vita: finalmente il trapianto si poteva fare, e lo avrebbe eseguito proprio Giorgio Rossi, direttore della Chirurgia Generale e Trapianti di Fegato del Policlinico di Milano. Non è dovuto passare molto tempo, dopo il suo risveglio in Rianimazione, prima che realizzasse quanto era stato “incredibilmente fortunato: nell’aver trovato un donatore compatibile, nell’essere stato accolto da professionisti in ospedale e anche nell’aver ricevuto una nuova vita. Da oggi ricomincio a vivere – diceva ai medici che lo visitavano - finalmente posso riprendere con le mie sane pazzie”.
Sì, perché Lucio è un 76enne atipico con una passione un po’ particolare: le performance acrobatiche in moto. Un hobby adrenalinico che in molti avrebbero abbandonato dopo l’intervento. Ma lui no, e anzi si è subito rimesso in gioco con la grandissima voglia di dimostrare che anche dopo un trapianto si può, e si deve, tornare a vivere.
Oggi il suo obiettivo è quello di sensibilizzare sul tema della donazione degli organi, e lo fa in modo speciale: con le esibizioni in sella alla sua Lambretta del ‘68. Ma anche collaborando con le scuole e facendo da testimonial per l’Associazione Italiana per la Donazione di Organi e per l’Unità di Chirurgia Generale e Trapianti di Fegato del Policlinico.
Grazie alla sua tenacia e allo spirito combattivo, Lucio è la prova vivente di quanto sia importante la forza di volontà per superare le difficoltà della vita. Corse in moto a parte, il suo merito sta proprio in questo: non essersi mai arreso, ma anzi aver dato una seconda possibilità alla vita per renderlo felice.
Sono passati 30 anni da quel 9 giugno 1983, quando a Milano venne effettuato il primo trapianto di fegato al Policlinico. Per l’epoca si trattava di una procedura rivoluzionaria, dato che le conoscenze sulle tecniche erano ancora approssimative e i farmaci per l’immunosoppressione non ancora perfezionati. Già nel 1984 ci fu il primo trapianto “con successo”, dato che portò il paziente a vivere più di 3 anni dopo l’operazione. Da allora gli esperti del Policlinico hanno continuato il loro lavoro arrivando nel 2014 a ‘collezionare’ i primi 1.000 trapianti, effettuati sia su adulti che su bambini: il paziente più giovane aveva 6 mesi.
Quello del Policlinico è stato il primo programma italiano per i trapianti di questo tipo e vanta molti altri primati, tra i quali il primo trapianto di fegato sperimentale al mondo eseguito nel 1952 da Vittorio Staudacher, e il primo trapianto epatico in un paziente affetto da Protoporfiria Eritropoietica. Quest'ultima è una malattia rara ed ereditaria dovuta al difetto di uno degli enzimi coinvolti nella sintesi del ‘gruppo eme’, fondamentale per il funzionamento dei globuli rossi. E' una patologia che in Italia colpisce 130 pazienti, e circa 50 di questi sono seguiti proprio dal Policlinico di Milano.