notizia
20/10 2016
Attualità

Specialisti a confronto per fare il punto sulle patologie della coagulazione

— di Lino Grossano

  • Sono oltre 300 gli specialisti che partecipano al XXVII Congresso Nazionale della Federazione Centri per la diagnosi della trombosi e la sorveglianza delle terapie antitrombotiche (FCSA), che si svolge fino al 22 ottobre nell’Aula Magna dell’Università Statale di Milano.
  • In Italia oltre il 3% della popolazione generale assume farmaci antiaggreganti o anticoagulanti, e il 10% di questi pazienti sono anziani.

Riuniti per 2 giorni i massimi esperti italiani, di differenti specializzazioni, coinvolti nella prevenzione e nel trattamento delle malattie trombotiche. In Italia si stima che oltre un milione di persone sia in terapia con anticoagulanti orali. Circa 2/3 di questi per la prevenzione dell’ictus in quanto affetti da fibrillazione atriale, o perché portatori di protesi valvolari cardiache, mentre il 25% circa è in trattamento in seguito a un evento tromboembolico venoso.

La continua evoluzione dei farmaci e degli strumenti diagnostici rende indispensabile l’aggiornamento degli specialisti che sono quotidianamente in prima linea, in questo momento così florido per la disponibilità di farmaci efficaci e in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti, grazie alla facilità di somministrazione e anche al minor numero di controlli richiesti.

“Il Congresso – spiega Marco Moia, presidente FCSA e direttore dell’Unità operativa della fisiopatologia della coagulazione al Policlinico di Milano – ha l’obiettivo di mettere a confronto e discutere idee ed esperienze fra medici e laboratoristi, esperti di emostasi e trombosi, nucleo di FCSA, e specialisti quotidianamente impegnati nella cura di pazienti affetti da malattie tromboemboliche, quali cardiologi, neurologi, internisti, geriatri, immunologi, ginecologi, cardiochirurghi, medici di pronto soccorso a anche medici di medicina generale”.

Il programma è molto fitto, si discuterà di: terapia della trombosi venosa e dell’embolia polmonare, ictus ischemico, fibrillazione atriale, farmaci anticoagulanti, sia tradizionali sia di nuova generazione e relativi antidoti. Uno di tali antidoti è già disponibile e altri sono attesi in Italia entro un paio di anni, rendendo ancora più sicuro il trattamento anticoagulante in caso di emorragie maggiori o di interventi di emergenza. In questo ambito il laboratorio ha un ruolo fondamentale, infatti attraverso i test si è in grado di stabilire il tipo di anticoagulante e la quantità presente nel sangue del paziente, fornendo un’informazione cruciale al medico.

Un’ampia sessione è dedicata alla gravidanza: terapia anticoagulante in gravidanza, tromboembolismo venoso e contraccezione, sindrome da antifosfolipidi. “Se si è in età fertile e in terapia con anticoagulanti orali o antiaggreganti è necessario fare uso di anticoncezionali sicuri – Continua Moia – qualora la donna rimanesse comunque incinta è necessario intervenire immediatamente per cambiare la terapia e proteggere mamma e bambino. Le pazienti devono essere consapevoli che la gravidanza sarà a rischio e quindi dovranno essere adeguatamente seguite da una ben affiatata equipe di specialisti”.

Ampio spazio è dedicato alla terapia anticoagulante con i farmaci antivitamina K (AVK), molto ben conosciuti che continuano ad essere usati con buoni risultati. Questi farmaci non sono “a dosaggio fisso”, ma richiedono frequenti controlli di laboratorio per “l’aggiustamento” della terapia. Il loro utilizzo è ancora insostituibile nei pazienti portatori di valvola cardiaca meccanica, che sono spesso under 50 e conducono una vita attiva. Per tale motivo il self-testing con coagulometri portatili risulta particolarmente utile in questi pazienti ma, nella realtà Italiana, è ampiamente sotto-utilizzato.

“In questo panorama, così ricco di specializzazioni cliniche e di nuove opportunità per i pazienti, è necessario ripensare alle strategie per ottimizzare i risultati delle terapie antitrombotiche – conclude Moia -. Disponiamo di ottimi farmaci che, oltre ad essere efficaci, possono realmente semplificare la vita dei pazienti. Come medici, il nostro compito non è solo quello tecnico di prescrivere la terapia ritenuta più efficace, in base al risultato degli studi scientifici, ma pensare al paziente come essere umano, con le sue esigenze di vita quotidiana e le sue aspettative. Con la dovuta attenzione alla sostenibilità economica delle scelte mediche, al centro del ragionamento è sempre la persona, la sua salute e la sua qualità di vita”.