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29/09 2021
Salute

Lampi di genio

— di Lino Grossano

Nonostante gli enormi progressi della scienza e della medicina, certe malattie non possono essere curate. Non ancora, almeno. Però la speranza che possano esserlo in futuro c'è, e questa speranza si chiama ricerca. Anzi, ad essere precisi si chiama 'ricerca traslazionale': è quella che scopre qualcosa al bancone del laboratorio e la porta subito al letto del malato. Non è una cosa che possono fare tutti: i migliori istituti sono quelli che fanno ricerca scientifica proprio accanto ai reparti, per avere un legame strettissimo tra lo scienziato (sempre a caccia di una soluzione) e il paziente.

Questo percorso è ancora più vero nel caso delle malattie rare, che per definizione colpiscono un numero relativamente basso di persone e che molto spesso non hanno una cura disponibile. Il Policlinico di Milano fa convivere insieme tutte e tre queste anime: è il primo istituto pubblico per la qualità della ricerca scientifica prodotta, è uno dei più importanti centri di riferimento per le malattie rare, ed è in grado di curare i pazienti in ogni età della vita, cominciando addirittura da quando sono ancora nella pancia della loro mamma.

Parafrasando un famoso detto, una scoperta vale più di mille parole. Ed eccone due made in Policlinico:

 

La 'biopsia liquida' per la diagnosi prenatale non invasiva

Ad oggi l'unico modo per scoprire se un feto è portatore di eventuali difetti genetici è quello di prelevare il suo DNA: questo si può fare con prelievi del liquido amniotico (amniocentesi) o dei villi coriali, che sono una porzione della placenta (villocentesi). Sono entrambe tecniche molto sicure e affidabili, ma sono comunque invasive e in qualche caso possono comportare dei rischi, che vanno ponderati bene. L'esperienza dell'operatore riduce questi rischi davvero al minimo, ma quando si verificano possono andare dalle infezioni all'aborto indotto. La nuova frontiera è invece la biopsia liquida, che consiste in un semplice esame del sangue per la madre: nel suo sangue, infatti, sono presenti anche piccole tracce del DNA del feto. Ma non è così semplice. Primo, perché non è facile distinguere con esattezza il DNA del feto da quello della mamma prelevato con l'esame del sangue: e se non lo si fa bene, potrebbero esserci errori nella diagnosi. Secondo, perché il DNA fetale nel sangue materno si trova 'spezzettato', al contrario di quello ricavato con l'amniocentesi o con la villocentesi, che è integro. La scoperta del Policlinico, semplificando, consiste in una tecnologia capace scovare nel sangue materno delle cellule del feto integre, da cui prelevare il DNA ancora intatto del bambino. In questo modo si può unire la sicurezza del test con l'affidabilità del risultato, senza mettere in pericolo la salute della madre o quella del feto.

 

Un gel di piastrine contro i danni alla pelle, da malattie comuni e rare

Il sangue contenuto nel cordone ombelicale è una preziosa miniera di cellule staminali e di altre componenti con un grande potenziale di cura. La donazione del cordone ombelicale è fondamentale per curare diverse gravi malattie (ad esempio certi tumori del sangue); ci sono però situazioni in cui la donazione rischia di non essere utile, perché magari il contenuto di staminali è troppo basso (e questo avviene quando queste cellule sono meno di 1,5 miliardi). Si può evitare che questa donazione venga sprecata? La risposta è sì, e lo hanno fatto proprio alcuni ricercatori del Policlinico.
Utilizzando il sangue cordonale 'scartato' sono riusciti a ricavare uno speciale gel che contiene fattori di crescita e svariate sostanze benefiche; applicando questo gel a delle ferite, si è visto che queste venivano riparate meglio e molto più in fretta. Per questo il gel piastrinico è ora impiegato per curare le piaghe causate dal piede diabetico (una grave complicanza a cui vanno incontro i pazienti con diabete), le piaghe da decubito e persino per trattare le lesioni causate dall'epidermolisi bollosa, una malattia rara che rende estremamente fragile la pelle e le mucose, provocando nei pazienti bolle, vesciche e lesioni che causano grande dolore e infezioni.

 

Entrambe queste scoperte sono state brevettate dai ricercatori del Policlinico, grazie anche alla presenza in Ospedale di un apposito Ufficio per il Trasferimento Tecnologico. Ad oggi in Policlinico si contano 45 invenzioni protette, 151 domande di brevetto depositate, il lancio di 2 spin-off innovative e ben 87 inventori tra medici e ricercatori, la maggior parte delle quali è donna. Tutte queste invenzioni hanno come obiettivo primario quello di migliorare concretamente la qualità di vita e di cura dei pazienti, e si dedicano alla prevenzione, alla diagnostica e alla cura di patologie umane. Che poi, sono gli stessi obiettivi della scienza e della cura.